LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Giuseppe Vetromile
|
|||
1. Indica ora il sole Colasanto Gennaro un tutt’uno di calore luce brivido gioia di vedersi infine alto quanto un uomo qualsiasi desidera e grande leggero aperto ad ogni soffio d’amore che promana da lassù Senza calma si distende subito possiede la terra bacia la cenere le case l’anima dei tram ora che è libero avendo frutti di luce a fiotti da berne a sazietà Chiude quindi il lavoro in una scatola debole di cartone pensando forse di riprenderlo chissà domani (ma urge il nutrimento di poveri computers automatismi lì in fabbrica a produrre programmati vani astigmatismi di mercato) Libero dunque adesso su questa piazza gremita di silenzio di estranei amici fratelli colleghi in connubio col sorriso del benessere a pensare qualunque migliore morte da darne a questi suoi altri mille uguali Schiavo sei stato da sempre Colasanto Gennaro due gradini alla volta affannato per raggiungere il tetto ma sei rimasto sempre nell’atrio (qualcuno da millenni allunga all’infinito la scala) Oh malignità malignità e tu piccolo corpo non potevi combattere tutto il mondo stringendo i denti prima che la miseria dalla bocca nel cuore dilagante ti soverchiasse fino al cielo degli occhi ? Non potevi piccolo sangue frammento di passione amare finalmente da solo imparare la vera poesia e le favole senza alcun computer alle calcagna ? E non potevi infine Colasanto Gennaro vivere dentro la tua famiglia che schizza da tutte le parti verso ogni periferia in un casino di guai in un garbuglio d’idee strapazze ma poi in fondo giusto che si sopravviva così ?... 2. Guai a te Colasanto Gennaro che stai amando sotto la luce del sole il filo d’erba il fiore innocente persino i binari del tram che corre diritto nel cuore della città sventrando immondizie e sferragliando oscillando anticamente nostalgicamente lungo la marina Guai a te che stai amando tutto e in silenzio e con la forza di Dio che ti prende bevendo l’acqua della fontana di casa semplice fresca pura come mettere un dito nella colpa di sempre <<non hai mai saputo vivere>> hai lasciato fuoco e ardore dentro nell’alba della tua morte scrivendolo invano sulla targhetta ben avvitata alla porta di casa Ora che divampa quel fuoco devi arginarlo in uno schema di parole crociate incazzate ma che ti perviene in fondo arrabbiandoti ? 3. Sissignore sempre e amen così sia eccetera nella tua piccola dimora piatta sbiadita rovesciata livello d’ogni ardore Sissignore sempre piccolo Colasanto Gennaro le tue remunerazioni i tuoi soldi la tua spesa i tuoi spiccioli per una sopravvivenza innumerevolmente spicciola ma l’apogeo di dentro è capirti perché sei nato proprio così Colasanto Gennaro già con i vestiti della gente addosso a giusta misura ma fastidiosi impaccianti ingombranti così sempre abbiamo celebrato noi la tua vecchiaia in questa casa sfitta e se dicessimo tutti no adesso saremmo poeti veri di quelli che non stringono le mani a nessuno né sorridono né abbracciano assassini ma ammazzano con tutta l’anima ogni storta disumanità tu invece scrivi parli poco la città cresce fuori e dentro ti rimane questa piazza di squallore estraneo mentre tutta la terra desidera un tuo abbraccio tu camminando in cielo tra mille sogni le neghi questo affetto sensuale giusto il tempo di nascere e morire poi si vedrà 4. Di queste cose parlane ora Colasanto Gennaro che sei disteso al sole il mare di fronte il lavoro nel cartone ben chiuso ogni pietra dimenticata e l’amore sacrificato all’altare delle impossibilità Alimèntati di pane e stelle Colasanto Gennaro ogni tua passione ti proviene dal fondo del bigbang oppure da quell’ostrica di donna aperta a tutti i desideri inconoscibili e la tua memoria si fa vela verso lidi orizzontali senza il minimo dubbio che siano mai esistiti Parlane parlane al vento alle emozioni fruscianti vibranti sul litorale alle note di una chitarra mai suonata ai colori di un quadro mai dipinto parlane sottovoce sussurrando al tuo cuore suddiviso in frattaglie di pochezze urlalo al tuo camice bianco tecnico appeso alla gruccia lì in ufficio in attesa della tua deportazione in quella oscurità giornaliera senza prezzo urla la tua tristezza infinita alla città balorda tutta la tua pazzia fuori luogo dille che vuoi tuffarti nel mare di Mergellina ancora una volta alla tua ricerca per trovarti per ritrovarti insano germe di mistero nato non per caso da una tua madre che non sentiva ma sapeva sa a modo suo amarti forse sola lontana dea della tua fantasia 5. Misericordia per te Colasanto Gennaro Napoli è ormai sfatta sgualcita sbollita inutile tenersela dentro da nutrirne solo i ricordi e tu sei Napoli Colasanto Gennaro muori e rinasci con lei quando vi abbracci le vie il mare le case ma in altri cieli celesti dovrai ora cercare i tuoi sassi il tuo mare la tua spiaggia il tuo globo il tuo cibo la tua passione e ogni gloria che ti viene dal salire le scale delle stelle Ascolta allora presso il nido delle voci segrete da un volo all’altro del rondone i mistici subbugli dell’anima aprendo ogni alba inerte il tuo comò grigio laccato per riporvi perle di sudore tecnico lì nella pena che sfalda l’allegria dai lunari appesi alla bacheca aziendale Ascolta attento Colasanto Gennaro non udrai che dolori provenire dai cassetti sparsi della tua scrivania grigia sbiadita e dagli abissi del tuo natale errando per mille strade giungesti a questa Mecca ma è su questa scrivania il tuo definitivo destino di sacro fantasma d’ossa e nel riepilogare tutti i tuoi capitoli un’altra barca è trascorsa lenta maestosa da lontane nebbie gremite di sogni proveniva solo solo per te invano che sulla punta estrema del molo hai lasciato scivolar via per sempre la poppa nella placida corrente 6. Senza di te morirò sussurrasti in una sera di pioggerellina sotto il lampione fioco arabescato del borgo marinaro ed era un’affettuosa follia ma negli occhi e nel cuore c’era il canto eterno dell’amore altissimo sopra il bofonchio della città assente solenne più delle luminose antiche chiese e più romantico delle infinite stelle immaginate nell’umidità nebbiosa e antracite di quel cielo velatamente nascosto Ricordasti poi Colasanto Gennaro di essere solo un atomo fra tanti bisognoso come altri di pane e soldi per navigare in queste acque incerte e burrascose a volte nei pantani e negli stagni dove la luce dell’amore è solo una lampada sopra il comodino da spegnere alle ventidue e trenta per dar luogo ai rassicuranti sogni di stagioni a venire calde e sensuali fino a rimanerne solo E solo sei sempre Colasanto Gennaro solo nel contare i tuoi libri i tuoi versi le tue ore i tuoi perché e anche parlando e riparlando non dici che superficialità programmate mentre dentro s’ingigantisce il tetro vuoto del tuo mistero Dicesti senza di te morirò ma non sei morto veramente sopravvivi sagomato appiattito al tuo lavoro come fosse una zattera slegata abbandonata alle correnti O camminando per via Caracciolo sorprendendo la tua origine lì al numero due casa d’altre dimensioni ormai sepolta sotto una maceria di ricordi forse mai esistiti ti piacerà per un poco essere più forte sentirti sollevato fino alla luna e provare nascoste vibrazioni d’amore 7. Lontano da quel mondo ora che è tutto un enorme meccanico scherzo di quelli che ti combinavano piccoli dispettosi negli androni dei palazzi benestanti quando ignaro delle verità dei forti correvi verso le braccia aperte di un grande protettivo genitore Lontano Colasanto Gennaro ora che è notte da televisione sprimacci il tuo guanciale prima dell’addormentarti poco soddisfatto del tuo creare vano fra una traiettoria d’automa e una valvola che perde il suo fluido goccia a goccia in un mare di pvc giallo come la tua angoscia Lontano quel mondo che non è tuo acquistato con mille sacrifici calpestando il tuo sorriso ogni minuto freddo e vuoto e non ti piacerà domani ingoiarlo dopo colazione farne comunque monumento di orgoglio agli occhi del resto del mondo che sa che non combini niente di buono chiuso stretto lì tra il fiato d’una scrivania collega e l’altro tra un armadietto grigio ed una sorridente banale autorità parallela alla pazzia dell’organigramma inconsultato (tu che sei fatto segretamente di spirito stridulo hai l’inerzia di un cuore analogico che realizza solo schedari e digitali eventi) scheletro tu Colasanto Gennaro alla vita che immagini volare sull’azzurro mare e sopra i campi verdi i fiumi placidi e i boschi solo nei sogni dopocena avendo se possibile mezz’ora da pensarti così come angelicamente vorresti (sai poi conoscerti pezzo d’anima sfangata fuori dal trastullo dei giorni sempre sempre uguali ?) 8. Una croce prima di dormire e prima di partire è sempre la stessa tre volte mormorata a mezzavoce chissà che il miracolo non sia questa improvvisa morte e rinascita senza tutto il peso della superficie del mondo ? Colasanto Gennaro la tua preghiera è già questo inventariato vivere da una parola all’altra senza sorrisi né pianti in equilibrio perfetto sulla cresta del campare quotidiano ultima storia tu di questa puntata radiotelevisiva 9. Hai costruito invano uno specchio tutta la vita riflettendo e volando all’orizzonte l’immagine del tuo cuore aperto ma le parole uscivano piccole incerte glabre e non avevano il glamour dell’altissimo mondo che progetta i giorni il tempo e le carezze da farteli indossare sopra il pianto e l’allegria e tu mai sei allegro portando a spasso la tua voce e i tuoi occhi nessuno saprebbe di che viverne lì nella città degli ordini perfetti Mai puoi essere allegro Colasanto Gennaro neanche adesso che sei qui dentro le tue quattro pareti pronto a spegnere il tuo giorno numero 17155 sul comodino senza aver raccolto una luna un cielo un minimo fiore un frammento di calore né l’amen proveniente da lontane silenziose celesti soglie Ricordando le tue preghiere di essere in fondo al campo estremo piccolo grumo di polvere e amore cerchi d’annientarti nelle braccia della tua compagna vesuviana in un cratere che ti dia almeno un poco di conforto familiare e poi dormi russando appagato 10. Ripidità della notte rapidità d’un sospiro nell’arco breve indolore del buio paura angoscia tremore misericordia padre e madre della tua pochissima terra ed è così l’improvvisa consumazione delle tue ali Colasanto Gennaro ogni cosa ricomincia ora scialba e il sapore è uguale a ieri bisognerà togliere tutto il dolce dalla bocca cedere questi sogni gratis e guadagnare la tua porzione d’amarezza e salario aprendo il lavoro partire ancora una volta verso l’antica disaffezionata fabbrica del pane |
|